Antonino Caponnetto e Elisabetta Baldi.
Leonardo Guarnotta, il giudice componente del pool antimafia di Palermo guidato da Caponnetto, dice di lei: «Noi la chiamavamo Nonna Betta. E anche se non veniva mai a Palermo ci stava vicino con il cuore».
Qui un inedito ritratto e ricordo di Elisabetta che ne fa Maria Grimaldi (curatrice del libro di A. Caponnetto "Io non tacerò" Ed. Melampo):
"Non avrebbe permesso si dimenticasse. Non solo. Non avrebbe permesso - Nino ne intuì subito il pericolo - che si svuotasse, si addomesticasse la Memoria, che diventassero “santini”, usati e traditi, appesi come decorazione, avallo, alla convenienza di turno.
Che si separasse, invece, con nettezza - questo sentiva come suo compito - ciò che era stato, da ciò che non era stato mai. Che continuassero ad essere, sempre di più, vigili i pensieri, acuti i desideri. Che rimanesse viva anche la loro morte. Così Nino cominciò, con Bettina al suo fianco, i “ragazzi” della scorta e qualche poesia nelle tasche, tra scuole e piazze, in ogni luogo possibile, ovunque lo chiamassero, il suo racconto itinerante... Date, date, date, in successione, porte girevoli sul calendario. La linea dell’orizzonte, come un abbraccio. Alberi spogli su un pendio da salire, muri, mari, brina sui vetri. Una grondaia, una panchina, un campo di grano nel vento dal finestrino. Una fetta di cielo, come un regalo, riflessa sull’acqua di una pozzanghera. Al di là di un incrocio, oltre una porta e gradini, in una piazza o cortile o palestra, volti, occhi, voci...
Prima, dopo, camere d’albergo. Anonime, accoglienti. Qualche volta, una stanza amica. Rispettando il mosaico degli spostamenti, bisognava che la scorta capisse, a colpo d’occhio, la collocazione più sicura e i suoi ragazzi, macinando chilometri e ansia, scrutando dettagli, lo facevano.
In ognuna delle camere, Bettina apriva e chiudeva valigie, ante di armadio, cassetti. Faceva lo stesso con i pensieri, soprattutto se sapevano di casa, di giardino di casa, di figli, di nipoti piccoli e di nostalgia. Sistemava pantofole vicino al letto e, sul comodino, libri, giornali. Appunti appena battuti a macchina. La piccola sveglia, le medicine. E un fiore in un vaso, se c’era. E canticchiando, per loro due in una qualche penombra, una vecchia canzone, a mezza voce, nell’aria...”.
Poi, “portò” il suo Nino “a spasso”, da sola. Con eleganza, sapienza e ironia.
A Genova, il 19 Luglio 2010, volle fare l’intero Suo Intervento all'impiedi.
Per amore, fierezza e “in segno di rispetto”.